domenica 13 gennaio 2013

LA META' DEL CIBO PRODOTTO NEL MONDO NON VIENE CONSUMATO E FINISCE IN SPAZZATURA

Circa la metà del cibo prodotto nel mondo – due miliardi di tonnellate circa – non viene consumato e finisce nella spazzatura senza essere riciclato. Questa è l’impressionante conclusione di un rapporto curato dalla britannica Institution of mechanical engineers (Ime) che nelle sue analisi denuncia, tra i fattori di spreco, per il mondo sviluppato le date di scadenza troppo ravvicinate indicate sugli alimenti e per il mondo in via di sviluppo le “pratiche tecniche e agricole arretrate”.
Il rapporto dell’Ime – Global food, waste not , want not – mette per la prima volta in rilievo in tutta la sua portata il fenomeno strutturale dello spreco alimentare servendosi di date e statistiche dettagliate.
Le nude cifre sono impressionanti. Tra il 30% e il 50% degli alimenti preparati per il consumo non arrivano mai sul piatto dei consumatori e questo a fronte di una situazione che, secondo le stime Onu, vede in prospettiva una crescente pressione sulle risorse naturali. L’Onu stima che nei prossimi decenni ci saranno altri 3 miliardi di bocche da sfamare e proprio in considerazione di questo trend l’Ime invita a combattere lo spreco sistematico di cibo.
La cosa non riguarda naturalmente Soltanto i prodotti ‘finiti’. In Gran Bretagna, ad esempio, circa il 30% delle verdure coltivate non vengono mai raccolte e questo significa in concreto lo spreco – oltre che delle stesse verdure – di qualcosa come 550 miliardi di metri cubici d’acqua utilizzati per innaffiare prodotti che non raggiungeranno mai i consumatori. Le diete a base di carne, aggiunge l’Ime, complicano ulteriormente la situazione considerato che per l’allevamento lo sfruttamento delle risorse idriche è molto più elevato (per un chilo di carne serve acqua in quantità 20, 50 volte più elevata che per l’equivalente in vegetali).
Tim Fox, responsabile energia ambiente per l’Ime, conclude: “Il quantitativo di cibo sprecato e perso in tutto il mondo è vertiginoso. Questo cibo potrebbe essere usato in prospettiva per alimentare la popolazione mondiale, in costante aumento come per far fronte ai bisogni di chi soffre la fame oggi. E tutto cià implica anche uno spreco non necessario di terra, acqua e energia….I governi e le agenzie internazionale, e l’Onu in particolare, dovrebbero lavorare di concerto per fare in mondi di cambiare la mentalità della gente e scoraggiare le pratiche di spreco di contadini, produttori di cibo, supermercati e consumatori”.
Fonte:  repubblica.it

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